Montenegro in Panda
Montenegro
La Panda del 1997 con i suoi 120mila chilometri è pronta. Il pieno è fatto e il Montenegro ci aspetta a un giorno di viaggio.
Sulle coste del Crna Gora (Montenegro) di turisti ce ne sono parecchi, francesi, tedeschi una caterva, e italiani che dalla Puglia attraccano a Bar, ma la maggior parte del turismo sembra arrivi dall’interno, principalmente dalla Serbia.
Il prototipo del turismo venduto a Budva, cittadina super attrezzata della costa pullulante di ombrelloni e persone festanti, famiglie caciarone, in pieno stile riminese, è Sveti Stefan. Un tempo isola di pescatori, legata alla costa da una lingua di terra, è ora un enorme albergo visitabile solo a pagamento. Un altro mondo rispetto alle Bocche di Cattaro (Kotor) il pazzesco fiordo del bacino del Mediterraneo sul quale si affacciano Risan, Perast e Kotor. Dal porto di Risan, il più antico villaggio del golfo, “Teuta” guarda sbilenca l’acqua davanti a se. Prima di diventare l’insegna di un mega albergo anni ’70, Teuta è stata regina illirica e “una mangiatrice di uomini - racconta sorridendo una signora del paese – i romani ne avevano paura”. Ciononostante la sconfissero brutalmente e dell’antico impero gli abitanti di questo decadente paesino in pietra abbarbicato a ridosso del mare ne conservano orgogliosi i resti.
Lasciato alle spalle anche Kotor, dopo aver superato Perast, il paesino già individuato dagli immobiliaristi stranieri che dà su due microscopiche isolette occupate da 2 monasteri, ci si addentra nell’essenza montenegrina, forte e selvatica. Importa poco se l’opera umana con le strade butterate o le case in perenne costruzione stride con la strepitosa natura. Le coste rocciose con le imponenti montagne ricoperte di vegetazione lussureggiante si gettano a picco nel mare. Dall’auto i giardini con le pergole d’uva inseguono gli alberi da frutta, le palme maestose e gli oleandri.Tutto imperfetto, alla rinfusa. Un po’ come le indicazioni stradali che a qualche incrocio spariscono e si va ad istinto o a tentoni, è un po’ uguale, ma “lascia che scoprano il business dei cartelli segnaletici e poi vedi”.
ULCINJ
A Ulcinj, antica città fortezza vicino al confine albanese e famosa baia dei pirati, non ci sono molti stranieri e trovare un campeggio non è faccenda facile.
Superato il ponte sullo Zogaisko Blato, un’insenatura enorme riempita dal mare come un otre, si è vicini a dormire in auto. C’è ancora energia per osservare stupiti lo stretto braccio di mare dove cresce la miriade di palafitte di pescatori con tanto di bilance pendule. “Siamo arrivati al Mekong”. Il caos di una lunga coda di macchine (molte senza targa) ci riporta alla realtà. In città la confusione è piacevole, sembra di essere in un enorme bazar turco, tanto che ci si ferma per le sigarette (a 1,30 euro), certamente di contrabbando. Si intuisce dai personaggi che se si volesse si potrebbe ottenere anche qualcos’altro, considerando che la frontiera albanese è vicina, ma da bravi si prosegue per altri 10 chilometri fino alla località Ada Bojana, ultima spiaggia prima del confine.
ADA BOJANA: NO ALPITOUR
Un tempo era una località di lusso, un enorme spazio verde sul mare. L’intera area con tanto di doppie strutture alberghiere, bungalow, villette a schiera, campi da tennis e campeggio ha conosciuto tempi migliori quando una ventina d’anni fa gli impianti erano ancora in mano ai tedeschi affittuari della Yugoslavia. Dopo la fuga degli investitori l’abbandono è stato graduale. Dei due alberghi solo uno si è salvato mentre l’altro incombe tetro e sommerso dalla generosa vegetazione. Stessa sorte per tutte le abitazioni in legno, gran parte delle case e quasi tutti i campi da tennis.
La zona turistica dello stesso spazio invece è curata e il giardino è molto apprezzato in particolare da un toro, che rumina da queste parti. La poca luce della sera impedisce di riconoscerne gli attributi e si dà per scontato sia una mucca.
“Il pascolo” arriva fino alla spiaggia in parte attrezzata con ombrelloni di paglia e legno. I tre chilometri di sabbia scura a grani grossi lambita da un mare spumeggiante, verde e blu, selvaggio, pulito e splendido sono riservati ai naturisti. Anche i pastori con la mandria che pascola in riva al mare l’apprezzano. In effetti i campeggi sono notevoli. Direttamente sulla spiaggia e generalmente con grandi spazi aperti, numerosi alberi e un prezzo davvero imbattibile circa 4/5 euro a testa al giorno. C’è comunque un ma: i bagni. Il primo impatto con Ada Bojana è duro: può capitare di condividere le docce con dei ratti niente male. Prova tu a non mettere mano nel tuo bagno per almeno 15 anni. E’ probabile che i campeggiatori abituali (tedeschi e francesi soprattutto) quando non nei loro camper o roulotte, si servano dei ristoranti e dei locali dopo aver sorseggiato un caffè.
Se però si supera quest’ostacolo, il resto è in discesa. Le persone sono gentili con una leggera tendenza ad approfittarsi del turista nordeuropeo (cioè noi), arrotondando il resto o proponendo del formaggio a 17 euro al chilo.
PODGORICA - LA VETRINA DEL MONTENEGRO
“Qui tutto si paga in euro e tutti pagano in euro - spiega la gentile signora ben curata della reception di un hotel-restaurant statale di Podgorica - anche noi abbiamo gli stipendi in euro”. La vita è cara.
Per vivere nella capitale, sostiene Igor gestore di un hotel tre stelle alle porte della città, ci vogliono circa 400 euro al mese. In centro un affitto può arrivare a 300. E’ pure vero che nel suo hotel una notte costa 50 euro, senza ricevuta, con un paio di fette di pane e marmellata e burro, e caffè a richiesta. Chissà però se l’ospite albanese ha pagato lo stesso prezzo. Certo è che anche in altri tre hotel della stessa categoria il prezzo dichiarato variava tra i 50 e i 60 euro a notte colazione compresa.
Podgorica è la vetrina del nuovo Montenegro. Il cuore della città, anche se circondato da casermoni yugo, è un vivace cantiere che, a breve, consegnerà dei palazzi ultramoderni stile Dallas. Alcuni sono già cresciuti come funghi e felicemente sfruttati dai montenegrini “cool”, per i quali l’immagine è tutto. Anche la polizia si adegua con un restiling pubblicitario rivolto ai giovani, che la sera, euforici e consumisti , si fanno le vasche fra i negozi aperti. Crna Gora raggiungerà mai l’Italia, che quest’anno può vantare la figura professionale del “somelier d’acqua” che tanto va di moda fra i vip? Speriamo di no.
A DUE VELOCITA’
Una smania che ancora non è arrivata a Cetinje, antica capitale della regione e deliziosa cittadina fra le montagne montenegrine. Ha un sapore retrò con le antiche ville delle ambasciate ora chiuse e il centro di case basse dai colori sbiaditi. Non si vedono turisti, non si affittano camere, non ci sono hotel, ad eccezione dell’Hotel Grand vecchia struttura statale da 92 euro a notte per una doppia. Chiedendo alla posta però un impiegato ci accompagna da un signore che per “soli” 30 euro promette una camera. Peccato non si presenti all’appuntamento fissato di lì a mezz’ora per consegnare le chiavi. Dispiaciuti di dover lasciare la cittadina e la vita tranquilla delle sue strade, la salutiamo in allegria cenando in una trattoria ferma al 1930. Un’ottima “pljescavica” (bistecca di carne tritata ripiena di funghi), birra e contorno per 5 euro a testa. In Montenegro per ora ci si può ancora fidare di un pezzo da 5.
Secondo Peter, Jelika, Boban, Ana e gli altri ragazzi serbi conosciuti ad Ada Bojana e che si tirano più o meno 40 giorni ogni anno di campeggio, montenegrini e serbi sono un popolo solo. Secondo loro il referendum del 21 maggio 2006 non significa nulla e non porterà alla spaccatura. Ripensando a Podgorica sembra comunque che il Montenegro abbia deciso di correre verso l’Europa ricca con o senza il consenso dell’UE e della Serbia, quest’ultima credo considerata una palla al piede dopo la sconfitta politica, morale ed economica degli ultimi quindici anni.
UN CAFFÈ IN ALBANIA
“Chissà com’è in Albania”. Il confine è troppo vicino per non aver voglia di superarlo, almeno per un caffè. Al valico non è facile entrare. La polizia di frontiera e i doganieri sono dentro una casetta di legno. Uno dei colleghi rimane sulla strada e ferma le prime auto in fila, fa scendere gli autisti e li invita alla casetta per il controllo dei passaporti. Per i documenti ci vuole un po’ di tempo, sufficiente a creare fila. Dalle ultime postazioni scendono gli impazienti, per fumarsi una cicca o per dirigersi direttamente al controllo. Alcuni vengono lasciati passare in barba all’arrivo, quindi risalgono sulle vetture e se ne vanno salutando chi era in coda davanti a loro. Un polacco tenta la stessa manovra ma viene ricacciato al suo posto. Così facendo la tensione sale e la coda aumenta. Se si supera con spirito zen questa fase, si può passare alla successiva, il controllo. Per entrare in Albania si paga. 10 euro a cranio. C’è sempre quel cattivo tarlo che insinua trattamenti diversi per locali e turisti. La prima città, Shkodra (Scutari) non è distante, ma è ad anni luce dal Montenegro. Le strade sono disastrose. Le vie anche quelle principali della città sono rabberciate e crivellate da buche profonde. Le case sgarruppate fanno da sfondo a un ambiente malsano, fatto di auto (numerose quelle con targa italiana) che vomitano fumo fra i rifiuti sparpagliati a bordo strada. L’immagine è quella di un’enorme bidonville, attraverso la quale scorazza una corriera della Saf (la compagnia di autotrasporti friulana). Ci fermiamo in centro in un piccolo bar, il Cafè Royal. I ragazzi che lo gestiscono sono gentili e ci spiegano in italiano quanti Lek vale 1 Euro (circa 100 lek ). L’atmosfera è buona, ma tira aria di estrema povertà. Conferma data alla seconda frontiera, più a nord, dove per uscire ci chiedono una improbabile tassa di 2 euro finita in tasca al doganiere. In tutto il giro di quattro ore da confine a confine ci è costato 25 euro. Crna Gora ci sembra ora perfetta e ogni insicurezza si è dissipata.
[ Autore: Ivana ] Pubblicato: 07/03/2007 Letto: 10482 volte