Il Roero: le terre di Belzebù
Piemonte
Le “Rocche del Roero” sono un vero paradiso per naturalisti e geologi, un libro aperto sulla storia di questo territorio che offre angoli di rara bellezza e spettacolarità. Alberi secolari prolungano la loro ombra sui sentieri e basta un pò di fantasia o il ricordo di una storia di masche perché quei rami sembrino nodose mani di strega pronte a ghermirci per portarci in volo nel suo antro.
Per gli amanti del mistero ogni angolo, ogni sentiero, offrono motivi per emozioni indimenticabili. Qualcuno ha scritto che: “Gli anfratti più profondi e più spettacolari di questo territorio sembrano racchiudere per sempre le storie della Masca Micilina”. In realtà qui sono racchiuse anche tante altre storie e leggende, ma forse qui è racchiusa ... tutta l’Infinita Storia del Tempo...
L’ambiente cupo e selvaggio favorì indubbiamente il fiorire delle leggende, come quella di Belzebù.
Il Roero è caratterizzato dalle “Rocche” che la leggenda vuole siano state costruite da Belzebù utilizzando un cesto grande come un castello e un enorme badile. Con questi il Diavolo prese la terra e la rovesciò dove ora sorgono le Rocche, che costruì in una sola notte.
“Pare” che i feudatari locali vollero unirsi per erigere una poderosa roccaforte di terra in una località adatta alla difesa. Durante l’incontro, l’impresa apparve talmente impossibile che ad un tratto ad uno di loro sfuggì la frase: “Ma dove prendiamo la terra che ci serve per erigere questo enorme bastione? Solo il Diavolo potrebbe aiutarci!”. D’improvviso dinanzi a loro apparve Belzebù che si offerse di aiutarli, ma non senza formulare la solita richiesta: avere in cambio tutte le anime di coloro che durante l’anno sarebbero morti in combattimento in quella zona. I nobili accettarono e il Diavolo lavorò tutta la notte per costruire un grande muro di terra.
Erano anni in cui in tutto il territorio si svolgevano feroci lotte per il dominio sulle terre confinanti e Belzebù già faceva il conto di quante anime avrebbe avuto in cambio del suo lavoro ma...
... Ma i feudatari si accordarono nel non fare guerre durante quel periodo. Allo scadere dell’anno il Diavolo non avendo ottenuto nulla in cambio s’infuriò distruggendo quanto aveva costruito e dando origine a quel fenomeno di calanchi, strapiombi improvvisi, dirupi, terre franose e incoltivabili che caratterizzano le Rocche del Roero.
Le leggende hanno spesso un’altra versione e stavolta pare che il Diavolo spalò tanta terra da creare la collina su cui sarebbe sorta la città fortificata di Cherasco, per assecondare alcuni signorotti locali che volevano farsi costruire una rocca sopraelevata, possente e inespugnabile e che per questo si rivolsero a Belzebù, offrendogli in cambio le loro anime. Il Diavolo prese la terra dalle colline di Pocapaglia e con questa creò la fortezza naturale richiesta dai signorotti.
In realtà le Rocche sono selvaggi labirinti naturali che formano un interessante fenomeno d’erosione con pareti
nude, guglie e pinnacoli di sabbia a strapiombo, creando paesaggi da favola, luoghi adatti a generare e alimentare quelle suggestioni che danno vita a storie e leggende, come quella di Francesco Delpero temuto brigante che qui si nascondeva.
Ricercato dalle milizie e condannato per le numerose aggressioni, rapine, omicidi ed evasioni, le sue gesta criminali erano narrate sulle piazze, dai cantastorie.
Delpero fu catturato e giustiziato sulla piazza di Bra nel 1858.
Un’altra leggenda vuole che nel 1488, in una grotta, nella località chiamata Valle Gelata vi abitasse un gigante buono. L’uomo viveva solitario, faceva il pastore, amava gli animali e la natura, si cibava di bacche, erbe selvatiche, frutti della terra e dei prodotti caseari del suo gregge. Un giorno rientrando si accorse che mancava l’unico caprone del gregge e così s’incamminò per cercare l’animale, sino a giungere nel villaggio chiamato Canale, in cui si stava svolgendo una festa e dai paesi limitrofi era giunta una gran folla. Il gigante, che non si era mai allontanato dal suo antro, si trovò in un mondo a lui sconosciuto mentre la gente di quel borgo vedendolo così grande prese a fuggire urlando terrorizzata e lasciando sgomento il poveretto che non comprendeva perché la gente lo trattasse così: in fondo lui non cercava altro che il suo caprone.
Un’altra storia narra della masca Micilina, nativa di Pocapaglia, arrestata, torturata e processata sulla piazza di Pollenzo che fa da sfondo alle tragiche persecuzioni della Santa Inquisizione e alle torture a cui furono sottoposte tante povere vittime della superstizione.
Correva l’anno Domini 1544, erano i secoli che hanno caratterizzato la “Caccia alle Streghe”. Anni in cui l’invidia, l’ignoranza, l’intolleranza, il rancore, bastavano a fare puntare il dito accusatore e condannare al rogo, per stregoneria.
Il 29 luglio 1544, Micaela Angiolina Damasius, detta Micilina, accusata di stregoneria viene processata sulla piazza di Pollenzo e condotta sulla collina dove l’attendeva il rogo. Ancora oggi chi si avventura in quel luogo di supplizio, sull’altura a nord di Pocapaglia, può vedere due enormi voragini: la “Rocca della Porcheria” e la “Rocca Bignina”. Sul terreno si notano alcune macchie rosso vivo: si dice che sia il sangue della povera Micilina...
La leggenda vuole che nelle notti cupe, squarciate dai lampi, Micilina e le altre streghe si radunino per scorrazzare tra le “Rocche”, volando a cavallo delle scope...
Usciamo dalle storie e dalle leggende per entrare nel mondo della flora che in questo territorio è strana e insolita. Si possono trovare piante che crescono in clima caldo, mediterraneo e altre di tipo montano: fico d’India nano, cappero, finocchio selvatico marino, agavi, olivo, bambù, rosa del Nilo o fior di loto, ginestra, valeriana rossa (ligure), felci, narciso, garofani selvatici.
Tutta la zona è caratterizzata dai numerosi ritrovamenti di fossili marini.
Lasciamo le “Rocche del Roero”e raggiungiamo Sommariva Bosco dove troviamo la boutique del gusto di Tonino Strumia, noto come “Il Trovarobe di Cose Buone”. In questo bar pasticceria, la moglie Franca Viberti produce non solo torte ma anche i gelati che autorevoli testate giornalistiche hanno catalogato tra i “migliori d’Italia”. Il “Trovarobe” Tonino, sempre alla ricerca di rarità, oltre al meglio dell’enogastronomia proveniente da tutta Italia, ha creato una “Mieloteca” con vari tipi di miele, alcuni rari e quasi introvabili, come quello di nespolo raccolto in due valli della Sicilia o quello della Lunigiana, regione sull’Appennino tra Liguria e Toscana, e il “Miele da spiaggia” prodotto all’interno del Parco Naturale di Migliarino San Rossore-Massaciuccoli, in Toscana.
Da “Gusto” in onda su Canale 5 a Rai Tre, da “Papillon” di Paolo Massobrio a “Gente Viaggi”, “Grazia”, “Il Gambero Rosso”, “La Stampa” e tanti altri ancora, Franca e Tonino sono sempre in “pole position”, per questo amo amichevolmente chiamarli “gli Str...umaker” del buon gusto!”...
Restiamo a Sommariva e appena usciamo da quel “tempio per golosi: sacrario per la linea” che è la pasticceria Strumia, di fronte troviamo un altro “tempio del gusto sommarivese”: la gastronomia “La Genuina” che produce una specialità per “intenditori”: il tipico “agnolotto al plin”(pizzicotto), a pasta sottilissima, con ripieno d’arrosto, uova, borragine, formaggio, e richiuso con quel “pizzicotto” che gli da il nome. Lidia e la figlia Elena compongono altre “tavolozze gastronomiche” per palati raffinati, tra cui agnolotti con ripieni stagionali: boraggine, asparagi, carciofi, cardi, formaggi, radicchio trevigiano, zucchine. Non mancano arrosti, rolate, torte salate, vitello tonnato, insalata russa, antipasti vari, pasta al forno, dolci e altre stuzzicanti attrazioni golose: un intero pranzo è riprodotto sui banchi di questa gastronomia...
Anche Sommariva Bosco subisce la terribile epidemia che porta la morte in tutta l’Europa. Nel 1630 con il
diffondersi della peste bubbonica, la gente esasperata vuole un capo espiatorio per le proprie sventure e accusa
di stregoneria, e di diffondere la peste, alcune donne che vengono arrestate e torturate. Una di queste, Paroda, sarà condannata al rogo. Morirà bruciata sul bricco che prenderà il suo nome: “Bric Paroda”.
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LA VERA STORIA DELLA MASCA PARODA
... Dedicata a tutte le streghine assurde!
“Sì, son proprio io! La Paroda di Sommariva Bosco!
Sono proprio io, la masca dimenticata solo perchè uno scrittore scrisse di quella mia consorella chiamata “Micilina” divenuta più famosa di me che poche parole ebbi se non quelle trascritte, a quel tempo, dall’inquisitore e ora da quell’altra sorella nata in terra d’Aleramo quattrocento anni dopo il mio rogo.
Sì, sono proprio io, che oggi mi voglio confessare narrandovi la mia vera storia.
Amavo, sì: gli animali, gli alberi e i fiori, l’alba e il tramonto: ma loro non lo dissero! Dissero solo che amavo i lampi e la bufera.
E’ vero, amavo anche la pioggia che disseta i campi, la neve che fa da coperta al crescere del grano, il vento che “suona melodioso o impetuoso” attraversando le foglie, i lampi che sanno di mistero e di grandezza del Creato.
E’ vero, amavo anche la tempesta: perchè “anche questa” è opera di Dio.
Amavo, sì, anche il ratto, la nottola, il gatto nero, lo scorpione, il ragno e la formica, ma anche tutti gli altri animali, compresi quelli che “l’uomo” giudica “immondi”. Li amavo, sì, ma solo perchè anch’essi sono figli del Signore: dissero che li cocevo per farne cibo e misture! Non è vero! Lo giuro che mai io ucciderei uno di Loro!
“Quel giorno”, vennero i soldati. M’incatenarono spingendomi, con calci e pugni fuori dalla mia povera capanna. Qualcuno sgozzò la mia capretta, sghignazzando divertito nel sentirla gemere, mentre moriva lentamente.
Ricordo ancora quegli occhi agonizzanti che mi chiedevano aiuto e anche “perché?”: ma non potevo darle aiuto, né sapevo darle una risposta che neppure io conoscevo!
...Ed io piansi vedendola morire e pregai il buon Dio di farmela ritrovare un giorno in Paradiso.
Tagliarono le zampe, e poi la testa, al mio gatto... perchè, dissero: “Nero come il Diavolo ha certo i suoi stessi poteri”, e mentre morente si contorceva, io, pensavo che se davvero avesse avuto tali poteri sarebbe in un attimo sparito e tutti loro inceneriti.
...Ed io piansi vedendolo morire e pregai il buon Dio di farmelo ritrovare un giorno in Paradiso.
Distrussero il mio angolo di preghiera e la croce di Gesù, sostenendo che era un altare per fare malefici e messe nere: eppure non c’era che un lumino acceso davanti all’immagine della Madonna e la croce era girata nel verso giusto...
Bruciarono la mia misera capanna e l’orticello, affermando che vi erano seminati: lattuga malefica, cavoli demoniaci, patate del Diavolo e grano di Lucifero.
Calpestarono i miei fiori di campo perchè “dissero” che le margheritine mi servivano per levargli i petali, e ad ognuno moriva un cristiano e che alle rose levavo spine per conficcarle nel petto ai simulacri di chi volevo far soffrire.
E’ vero, mi curavo, sì, con erbe e fiori che io stessa raccoglievo o coltivavo, ma solo perchè Dio che m’è padre questo mi aveva dato per curare i mali e, giuro, non era per patto con Lucifero, il satanasso.
Ero bella o brutta, questo non lo saprei dire perchè: se ero bella mi torturavano... per rabbia. Se ero brutta: per questo si esigeva la mia condanna...
Mi rinchiusero in una cella buia e umida. Mi denudarono e mi rasarono, mi pelarono.
Per farmi confessare colpe che non avevo trafissero le mie carni con ferri roventi, spezzarono le mie ossa sulla ruota e le dita nella morsa. Dilaniarono i miei seni con pinze incandescenti e strapparono le braccia dall’alveolo. In nome di Dio... “un uomo di Dio” m’inflisse mille altre torture inventate ad iosa dalla sua fervida sadica fantasia!
Perdetti i sensi, per varie volte, e quelli erano per me momenti di “riposo” perchè non sentivo più le carni lacerate dal dolore, ma ad ogni risveglio ancora più mi trafiggevano il corpo, perchè dicevano che era il Diavolo che mi aveva preso i sensi, per sottrarre la sua figlia diletta al sentore del dolore!
Sofferente, subivo senza invocare Lucifero, pregando il buon Dio: ma anche questo per loro era opera ingannatrice del Demonio...
Stanca, avvilita, umiliata, torturata nel corpo e martoriata nell’anima, attendevo con gioia che qualcosa o qualcuno si prendesse la mia vita, ponendo fine alla mia sofferenza.
E poi venne il momento del richiamo a confessare di avere venduto anima e corpo a Lucifero, ammettere i miei peccati e dichiarare il pentimento.
Non ricordo cosa dissi, né come, né perchè, né come fu! Ricordo solo che a confondermi furono i testimoni, l’inquisitore, i preti e il boia: che a... suggerirmi erano bravi. Stordita dai tormenti confessai qualunque cosa essi volevano dicessi.
...E fu così che, in virtù delle loro menti distorte, confessai di giacere con Satanasso, diavoletti e streghe, d’andare ai Sabba, mangiar bambini e schiamazzare nei cimiteri.
...E fu così che “caritatevolmente” decisero di porre fine ai miei tormenti e mondare i miei peccati affinché la mia anima raggiungesse in grazia nostro Signore: e per fare tutte queste opere di pietà e misericordia cristiana... mi condannarono ad essere bruciata viva mediante il rogo: ...per purificare la mia anima dannata!
Senza più la lingua per potere invocare pietà, perchè strappata alla radice, le carni martoriate dalle torture e gli arti spezzati, venni caricata sul carro trainato dai buoi e tra le urla della gente che sghignazzava e urlava: “Al rogo la strega! Al rogo, bruciatela viva! Uccidetela!”, venni condotta sul luogo del supplizio finale.
Con i ferri ai piedi e le braccia incatenate, rinchiusa in una gabbia, attesi la mia morte e tanto mi pareva essere benigna che pensai ad un dono e a chi mi aveva condannata come ad un salvatore: ... scordando che altro non era che il dono di gente maligna, corrotta, sadica, crudele e menzognera...
A mano a mano che la mia carne bruciava avvolta dalle fiamme io... “Respiravo il Canto del Paradiso” pensando che sarebbe stato Dio, un giorno, a vendicarmi, a fargli subire il giusto castigo e a fare conoscere la mia sorte: ... così vivrò per sempre nella storia, e vivrò anche dopo la mia morte...
E’ vero, sì! Tutto il mio narrare è vero, ma tu che ora ascolti la mia triste sorte, non piangere, perchè io ti confesso che dopo tanto dolore per le torture ... persino la morte mi è sembrata un gesto di bontà e mille volte preferirei ancora ripetere la mia
sorte piuttosto che essere stata io ad esser al loro posto...
...Ed è per tutte quelle che come me sono morte, solo per il peccato di essere nate, un tempo, “Donna”, che da “Lassù” io dedico a te la mia storia...
Restiamo in zona per vedere in frazione Baroli di Baldissero d’Alba, l’Osservatorio Ornitologico “Cascina Serralunga”.
Si segue la strada che da Ceresole d’Alba conduce a Sommariva Perno e appena oltrepassato il bivio per Monteu Roero-Canale, sulla sinistra le indicazioni ci conducono in una stradina che porta in Fr. Baroli, alla “Cascina Serralunga”, stazione d’inanellamento degli uccelli. Entriamo nella vasta tenuta e sostiamo presso la struttura di parcheggio che fornisce anche materiale informativo e lezioni didattiche di scienze dal vivo, quindi inoltriamoci nel grande parco percorso da varie stradine che consentono un diretto contatto con la flora e la fauna locale camminando attraverso stupendi boschi, lungo sentieri che ci conducono al Lago Grande e al Lago Piccolo, una riserva naturale di ninfee.
La cattura degli esemplari da inanellare avviene nel centro del parco, in un punto in cui si erge il “roccolo”. Qui gli uccelli vengono catturati per mezzo di un complesso sistema: quando l’esemplare si posa sulle fronde più alte della torre, alta circa 12 metri e mimetizzata dalla vegetazione, parte una “paura”, cioè una struttura in legno e vimini simile alla sagoma di un falco, che costringe gli uccelli a rifugiarsi nella vegetazione e a finire nella rete alta circa 4 m. e lunga 100, posta a semicerchio attorno ad una collinetta, in un fondo chiuso.
Inanellati, pesati, misurati, sono poi rilasciati e ogni dato viene trasmesso ad un centro di collegamento che finisce a quello principale in Olanda.
La struttura ha anche un agriturismo, “Al Nemoreto”, che prende il nome dal latino Nemus che era la radura in cui cacciavano le ancelle di Diana.
L’osservatorio comprende visite guidate al centro d’inanellamento e all’ambiente, dispone di sale per mostre, ristoro, proiezione, consentendo di trascorrere una giornata in un ambiente a contatto con la natura e adatto a tutta la famiglia.
Info tel. 017240166 - 40680
Riprendendo il viaggio. Bastano pochi chilometri per arrivare a Ceresole d’Alba il paese delle “peschiere” per l’allevamento delle tinche.
La zona è caratterizzata dalla presenza di terreni umidi e paludosi e di laghetti artificiali detti “tampe o peschiere”.
In tempi in cui non si disponeva ancora dell’acqua nelle stalle, si usava scavare queste vasche per raccogliere l’acqua piovana per l’irrigazione, per abbeverare le bestie e allevare le tinche: ve n’erano delle private e i “laiass” quelle più grandi e pubbliche. Ancora oggi nelle tampe si allevano le tinche.
Su alcune, come la peschiera della “Cascina Gallina”, fiorisce il fior di loto, mentre a “Cascina Mattina” cresce il trifoglio d’acqua. La presenza di queste peschiere è indispensabile per l’equilibrio ambientale che permette la sopravvivenza di uccelli acquatici, anfibi e pesci. Sono anche delle riserve d’acqua utili alla fauna locale: aironi, anatidi, gallinelle d’acqua.
Scenografico ciò che rimane della chiesa “Madonna dei Prati”, anche se purtroppo è in avanzato stato di degrado.
A Ceresole d’Alba la “Lanzetti Carni” prepara una salciccia molto magra da mangiare cruda: di vitello, con una piccola aggiunta di maiale. Qui troverete carni per arrosti e bolliti misti, ma anche tipiche salcicce ai vini locali: Arneis e Favorita. Ottime le ‘rolate’, con variazioni di frittata di verdure stagionali (asparagi, spinaci), ripiene di cotechino, carne trita, prosciutto o pancetta e farcite con erbe, sapori, spezie e le “tasche” ripiene di salciccia, uova di quaglia, spezie e gusti di verdure fresche.
Gustoso il “libro arrosto”: la carne di vitello o di lonza viene tagliata a libro e farcita con spezie, erbette, aromi, pancetta. Le rolate variano secondo le verdure stagionali, o con ingredienti a richiesta: da non perdere, come i fagottini di carne o di tacchino.
Bra vale una visita per i suoi monumenti e per la mostra permanente di giocattoli d’epoca “Quasi per gioco”, un originale museo sorto grazie alla collezione privata di Michele Chiesa che ci riporta indietro nel tempo e attraverso l’esposizione dei giocattoli della nostra infanzia ci riconduce nel mondo dei balocchi per farci tornare bambini...
L’esposizione è divisa in tre sezioni ognuna a soggetto: Le bambole, corredate da oggetti e mobili in miniatura; i giochi di latta, con navi, aerei, vaporiere e giostre; il mondo dei fumetti, con una collezione di pubblicazioni rare di “Topolino” anni ’30 e “Il Corriere dei Piccoli” anni ’20.
Info tel. 0172426035
Bra vale una visita ai suoi monumenti e uno sosta al “Santuario Madonna dei Fiori” legato all’apparizione della Madonna, il 29 dicembre 1336, quando Egidia Mathis, giovane sposa insidiata da due soldati di ventura, si rifugia presso un pilone eretto in onore della Madonna che le appare con un improvviso bagliore spaventando e mettendo in fuga i due lestofanti.
Da quel giorno, il pruneto che cresce accanto al pilone (al cui posto ora sorge il Santuario), fiorisce in inverno, tra il ghiaccio, la neve e il freddo ...
Anche Bra ha le sue leggende, come quella del “Bric Mileui” o “Bricco dei Mille Occhi”.
Prendiamo la strada per la frazione San Michele, poi proseguiamo fino ad una stradina che circonda l’altura. Passiamo accanto alla chiesetta di San Secondo ed entriamo nella leggenda...
Da secoli gli abitanti della zona narrano di sotterranei scavati all’interno del colle. Nessuno sa quando furono
scavati, né a cosa o a chi servivano e il mistero è alimentato dalla leggenda che circonda il “Bricco”.
Un’antica tradizione popolare narra di esseri mostruosi, giganteschi e selvaggi, chiamati “I Mileui” (Mille Occhi), che in tempi remoti dimoravano su questo colle e scorrazzavano terrorizzando la popolazione, compiendo stragi orrende. Secondo la leggenda furono sconfitti da San Secondo, vescovo di Asti e martire del II secolo: nella vicina chiesetta è raffigurato il Santo.
Nel 1883 alcuni t ratti di gallerie furono esplorati dall’ingegner Nestore Porzio accompagnato da un contadino
locale. Nestore scoprì un complesso sistema di gallerie e sale sorrette da pilastri.
Nei primi del‘900 se ne interessò uno studioso piemontese, ma il mistero continua a circondare il Bricco dei Mille Occhi...
Proseguiamo per un’altra località custode di prelibatezze, Corneliano d’Alba che tra le varie specialità offre l’eccellente carne della “Macelleria Viola”.
Souvenir per buongustai sono le carni per ogni esigenza culinaria, dai bolliti agli arrosti con qualche specialità come la salciccia “tipo Bra” (la salciccia di Bra, è una specialità tipica braidese la cui esclusività è dovuta ad un’antica concessione sabauda, fatta per favorire la numerosa comunità ebraica), e il “salame di trippa cotta”, da affettare sottilissimo per farne carpaccio, condendolo con olio, sale e limone: una squisitezza.
Prima di allontanarci potremo fermarci a vedere la Torre, del XIII secolo, una vera curiosa: è l’unico esempio in Piemonte di costruzione a dieci lati (rarissimi sono gli esempi medioevali sparsi in Italia). Imponente, elegante e perfetta nell’architettura è tra le più importanti dell’albese. In origine era il mastio del castello ormai completamente inesistente.
Pochi chilometri in direzione Alba e troviamo la Fr. Racca di Guarene.
Siamo sul confine tra Langa e Roero, sulla strada che da Alba conduce a Torino. Poco distante dalla rotonda che fa da spartitraffico, una grande insegna indica la salumeria artigianale di Franco Armini che da anni lavora carni scelte per farne ottimi salumi, lavorati con spezie naturali secondo un’antica ricetta di famiglia e trasformati in salumi artigianali che poi vende nel suo commestibile, accanto alla salumeria. Da non perdere il salame crudo al vino Barolo; quello cotto, al vino Favorita e quello al tartufo; la pancetta aromatizzata alle spezie; il lardo e i cotechini con il vino Marsala. Una specialità è il salame detto “La rosa d’Alba” di sola coscia magra con aggiunta di pancetta e lasciato stagionare lentamente, altra prelibatezza è la coscia di maiale al forno: divina!
All’interno troverete anche prodotti tipici langaroli, come il pane di Murazzano, la cugnà (una sorta di mostarda d’uva, frutta, nocciole), formaggi provenienti da varie località italiane, olio, pesto e olive della riviera ligure, stagionalmente potrete gustare la deliziosa porchetta al forno di Ariccia (Roma), torte e biscotti di nocciola, prodotti al tartufo, polente e farine del Mulino Marino, olive di Puglia e altre… “golosità sfiziose”.
In volo sulle ali della fantasia, cavalcioni alla magica scopa di Micilina e Paroda, abbiamo attraversato il tempo e ora che il nostro viaggio nel Roero sta per terminare voglio dedicare a tutte quelle sventurate finite nel rogo dell’Inquisizione i miei pensieri affinchè le “moderne masche e streghette on-line”... giocando alle streghe non dimentichino che c’è chi ha veramente subito torture, umiliazioni e morte...
“Tremate! Tremate!Le streghe son tornate!”
Ricordate questo vecchio grido delle agguerrite femministe? Era un semplice abbinamento dovuto ad una scelta occasionale e nulla più, ma ad invocare le origini di streghe oggi sono le tante streghine e maschette create del “turismo fai da te”, a cui ben si abbinano fattucchiere, cartomanti, maghi e altri “diavoletti incantatori” che prima o poi vedi nel Telegiornale, in un’aula di Tribunale, in compagnia di Vanna Marchi...
E’ “L’armata Brancaleone” che con le “streghine assurde” forma l’attuale schiera di: “Siamo tutte masche, tutte streghe autentiche”, con tanto d’etichetta sulla porta e... pedigrèe: l’unica etichetta autentica è quella che trovi sui loro abiti griffati, alla moda, firmati “Dolci &... Gabbati” e il pedigrèe è proporzionato alla compilazione del 740...
Sono uscite dalle leggende, dalle favole: fattucchiere con “Melinda” incantate, comprate dal fruttivendolo del supermercato. Streghe con specchi “delle brame” forniti con il conto del “lifting”...
Streghette che tentano di tramutare zucche in carrozze dorate, riuscendo a tramutarle solo in cavoli verza, rape e carciofi...
Non sono le eredi, né le incarnazioni di quelle poverette torturate e finite sui roghi dell’Inquisizione. Gli unici supplizi a cui sono state sottoposte sono quelli della callista, della parrucchiera e della dieta: sono solo streghette e maschette create dall’opportunismo turistico.
Sono le “maschette Pro Loco”, le “streghine Apt”, “Turist... fai da te”...
Hanno l’iniziale minuscola: proprio come minuscole sono le loro prestazioni e le uniche doti che possiedono sono la presunzione, la vanità e l’ignoranza.
Sono nate per il turista, come i break and bref e le feste folcloristiche a cui partecipano... in gran combriccola, con tanto di “nomination”: “Le masche di...”, “Le streghe di...”, “Le indemoniate di...”.
Clonate dai libri di storia locale, si sono riprodotte in fotocopia. Ciclostilate, attualmente si stanno espandendo via internet!
Si sono evolute adattandosi ai nostri tempi e per questo sono vittime del consumismo, vestono alla moda, fanno “shopping”, vanno dal “coiffeur”, fanno “aerobica”.
Sempre in movimento, pare facciano grandi cose, mentre in realtà non fanno nulla, imbranate al punto di scambiare i postumi di una sbronza con un Sabba; illuse, continuano a baciare rospi sperando si trasformino in principi, ma gli riesce solo di incontrare il ...“principe dei sottaceti... Saclà”.
Le più brave riescono a partorire un bebé del principe monegasco: ma più che per bravura è per... “sfiga nera”...
Hanno libri di magia comperati al supermercato del libro: “La magia del fai da te”. Qualcuna riesce a trovare in soffitta il vecchio libro della trisavola “Nonna Abelarda”, ma poiché sa leggere solo le etichette dei vasetti della passata di pomodoro non sa “interpretare” le formule ... e se tenta di usarle riesce solo a creare ancora più scompiglio: dal macina-caffè esce la conserva di pomodoro, il televisore centrifuga calzini e tovaglie, il frigorifero cuoce bistecche e spaghetti...
Possiedono una scopa volante, ma non sanno come funziona perchè sono abituate al “...Folletto aspiratore” e alla domestica colombiana, e così qualunque cosa facciano può solo ispirare tenerezza e provocare la risatina delle Vere Masche che gli volteggiano attorno, canticchiando: “Emen ètan! Emen ètan! Onze, onze, baston! In te ‘n’ oa vaggo vegno e ghe son!” (Qui e là! Qui e là! Ungi, ungi, bastone! In un’ora vado, vengo e ci sono), mentre le Streghe... autentiche, risorgono e sogghignano ripetendo, a cantilena:
“ I Cinque Comandamenti della Magia”
Sapere
Volere
Potere
Osare
...Tacere...
“Queste” sono le moderne streghine assurde: maschette nottambule- dell’informatica...
[ Autore: Alexander Màscàl foto Matteo Saraggi ] Pubblicato: 23/10/2006 Letto: 18669 volte