In Viaggio alla Ricerca degli Antichi Sapori: Le Langhe

Piemonte

Nel viaggio alla ricerca “dell’Arca” degli Antichi Sapori su cui fare salire il meglio dell’enogastronomia non s’incontrano solo grandi aziende, ma anche piccoli produttori, vere e proprie pietre miliari del buongusto: sono i custodi delle tipicità gastronomiche, i conoscitori dei segreti tramandati dalle antiche popolazioni locali.
Attraverso la cultura del cibo si ricompongono le tradizioni, il folclore, il turismo e per questo sono il migliore “Libro di Storia” in cui leggere il nostro passato, per non scordare che senza di lui non c’è futuro...
Il viaggio alla ricerca dei sapori è lungo e interminabile ma se mi seguirete attraverso il Tempo cammineremo su strade e sentieri per incontrare i popoli della montagna, della pianura, delle colline e del mare. Assieme assaporeremo quei gusti che credevamo ormai scomparsi sotto i pilastri del cemento e “l’insapore” dell’industria del consumismo veloce.
Le prime perle per comporre il nostro gioiello gastronomico le incontriamo in Piemonte, viaggiando nella provincia di Cuneo, attraverso Langhe e Roero.


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Langa magica e... da gustare

Il nostro viaggio inizia in una località sul confine tra la provincia di Asti e quella di Cuneo. Qui, dove s’incontrano Langhe e Monferrato le due culture si sono amalgamate e le tradizioni contadine sono sopravissute all’incalzare del progresso.
E’ il territorio del Moscato d’Asti, che si produce solo nella zona di Canelli (AT), e in quella di Santo Stefano Belbo (CN).

“Biondo, dolce, suadente”.
No, non si tratta di un giovane incantatore di femmine, ma del principe dei vini: il Moscato d’Asti, che a Santo Stefano Belbo, in loc. San Grato, l’azienda agricola “Cà du Sindic” di Sergio Grimaldi produce assieme al Piemonte Brachetto e ad un superbo Barbera e poco importa se non si è concordi nel definire il sesso “della” barbera o “del” barbera. Poco importa la sua identità maschile o femminile quando “Barbera” significa “Cà du Sindic” e a noi non resta che lasciarci tentare per il brindisi finale: Cin cin con il Moscato... purché sia “du Sindic”.

Pochi chilometri e giungiamo a Cossano Belbo dove sostiamo per una pausa gastronomica presso il “Ristorante Universo”. In cucina, Marisa preparerà peperoni ripieni di salsa tonnata, mousse al prosciutto, vitello tonnato, deliziosi tajarin e raviole al plin, brasati e coniglio nelle versioni alla campagnola, al vino Furmentin, o in agro-dolce. E per dolce i favolosi “Nuvola”, una sorta di mousse alla panna cotta; il “Sole”, di morbide pesche; “L’Aurora”, una mousse d’arancia. Immancabile il tipico bounet e la torta di nocciole.
Mauro, in sala, vi accoglierà con quella cordialità che “insaporisce i cibi”… facendovi sentire “in famiglia”.
Restiamo a Cossano Belbo per scoprire il “mondo infarinato” del “Mulino Biologico a Palmenti Marino”. Dall’inizio del secolo scorso la famiglia Marino produce eccezionali farine tra cui: “Sapori Antichi” con farro, segale, kamut, monococco (il primo grano comparso sulla Terra); “Kamut” (chiamato anche “il grano del Nilo” o “dei Faraoni”, per le sue origini...); farine di grano tenero e farine per intolleranze alimentari ( farro, semi antichi, monococco, grano saraceno, segale, kamut ). Eccezionali le farine per polenta, come la “Taragna” (con mais integrale e grano saraceno), e quella detta “ottofile”, la pregiata e rara varietà di mais delle Langhe: vere “delizie per il palato”, tanto gustose da non avere bisogno di condimenti…
La macinazione è fatta a bassa velocità per non surriscaldare i chicchi, preservarne aroma e proprietà nutritive, inoltre sono utilizzate tre macine, tra cui una destinata ai cereali per intolleranti e una per il mais ottofile. Tutti i cereali provengono da produzioni biologiche altamente selezionate. La loro produzione ha varcato i confini rappresentando l’Italia in Europa, Giappone, Stati Uniti, Australia.
Dallo schermo di Rai Uno Gianfranco Vissani la presenta proponendola con i più svariati abbinamenti, “La Stampa” e l’inserto “Specchio”, “Grazia”, “Viaggi e Sapori” e altre illustri testate giornalistiche gli dedicano intere pagine, mentre Bruno Gambarotta e “Papillon” di Paolo Massobrio, celebri gastronomi, ne elogiano i sapori. Ovunque, Mulino Marino ha guadagnato un posto d’èlite attraverso le pagine dei più importanti giornali e reti televisive che invitano i buongustai ad avvicinarsi a queste farine “d’autore”.
Percorriamo pochi metri e in Loc. San Martino troviamo la “Cantina Terrenostre” che oltre a vari tipi di vini, tra cui Barbera, Favorita, Chardonnay, Moscato e Dolcetto d’Alba, produce anche il “Furmentin” un vino antico e raro la cui produzione limitata è il vanto di questa cantina. Nato dalla scelta d’uve rare e pregiate provenienti da vecchie viti con caratteristiche particolari che ne conservano il pregio e la tipicità questo vino è un prodotto esclusivo, d’alta classe, per raffinati e intenditori.


Saliamo sulla collina e passiamo accanto all’antico maniero di Borgomale, tetro e cupo come la leggenda che narra della tragica fine della giovane Nella di Cortemilia, bella e virtuosa fanciulla la cui vita finisce tragicamente nelle acque del fiume Uzzone, alla vigilia delle nozze con Dagoberto.
La storia narra delle vicende di Adelaide, marchesa di Castino, imprigionata nella torre del Castello per non aver voluto soggiacere alle voglie del cognato Lionello, crudele signorotto locale. Adelaide da alla luce una bimba, Nella (o Stefanella), orfana del padre morto in Terrasanta. Affidata ad una famiglia di contadini la giovane cresce ignorando di essere figlia della marchesa.
Anche il perfido Lionello ha un figlio, Dagoberto, bello e virtuoso. Un giorno i due giovani s’incontrano e s’innamorano. Intanto, Lionello dopo essersi recato al vicino santuario del Todocco (in Valle Uzzone), pentito e tormentato dai rimorsi decide di restituire alla cognata la libertà, i beni e il feudo. Ma la tragedia è in agguato: la vigilia delle nozze, la giovane è travolta dal fiume in piena, mentre il promesso sposo tenta invano di salvarla. Il suo corpo sarà trovato il giorno dopo, adagiato sul tronco di un melo fiorito.
Le vicende risalgono al 1300, ma ancora oggi si narra della triste fine di Nella di Cortemilia e del suo fantasma che vaga in cerca di pace.

Facciamo una deviazione per vedere la “Casa delle Memorie” a San Donato di Mango.
Oggi si viaggia anche attraverso le rievocazioni storiche, le sagre, i musei, e uno di questi viaggi nel “Tempo virtuale” si potrà fare varcando la soglia della: “Casa delle memorie”.
Siamo in una di quelle località che collegano il Piemonte alla Liguria, attraverso l’antica strada romana della Via Magistra Langarum. La Langa albese è sempre stata una via di comunicazione per il transito dei pellegrini, ma anche per mercanti, briganti, contrabbandieri ed eserciti romani che stanziavano in queste zone.
Sulle Langhe si sono scritte pagine di storia e purtroppo quelle della “Santa Inquisizione” sono state scritte con il sangue di tante povere vittime: presunte “streghe” ed “eretici catari” hanno alimentato il fuoco dei roghi!
C’era un tempo in cui i paesi erano come una grande famiglia: tutti si conoscevano, si aiutavano. Il medico non curava solo il corpo e il curato non curava solo l’anima, la “levatrice” non aiutava solo a far nascere i bambini e il Sindaco non si occupava solo dell’amministrazione: erano i tempi dei valori umani, l’amicizia si scriveva con la “A” maiuscola e ci si faceva tutti partecipi delle gioie e dei dolori del singolo o dell’intera comunità! Ci si riuniva attorno al focolare per narrare storie di masche, streghe e briganti. Alla domenica si metteva il “vestito buono”, quello delle feste e si andava tutti a messa.
Erano i tempi in cui si vendemmiava, si raccoglieva il grano o si facevano altri lavori aiutandosi l’un l’altro. Gli uomini si riunivano all’osteria per giocare a carte e bere un buon bicchiere di vino, e poi... tutti a casa di “Pinot ‘d la burgà”, o da Brasalin e Ginota, per la “merenda sinoira” (tipica merenda contadina), e con la “buta stupa”(bottiglia stappata), accompagnata da pane, salame, formaggio e un sigaro.
Erano i tempi della miseria, ma si era tutti felici per quel poco che “il buon Dio dava”!
...Erano i tempi in cui ci riconduce questa “Casa delle memorie” dove ritroviamo tutti questi “spaccati di vita” che molti hanno vissuto, ma non dimenticato!
Basterà varcare la soglia di questa casa - museo che ricostruisce uno spaccato di vita di fine ‘800, per divenire partecipi di un viaggio a ritroso nel Tempo. Qui la civiltà contadina è rappresentata da stanze completamente arredate con mobili e suppellettili dell’epoca: perfetta ricostruzione di una casa rurale.
Rivivremo il passato dei nostri nonni, entreremo in un mondo “antico”, dove la fantasia ci riporterà indietro nel Tempo, in un viaggio attraverso le pagine dei libri di scuola, le veglie attorno al focolare e le storie delle “masche”. Oggi il passato rivive tra le pareti di quest’antica canonica, ristrutturata e trasformata in museo dall’inesauribile fantasia di Donato Bosca, fondatore dell’associazione “Arvàngia” (parola dialettale che vuol dire “rivincita”), autore di numerosi libri sulle “masche” e promotore di numerose iniziative culturali, storiche, con un sito tutto dedicato alla cultura, al folclore e ai ricordi... del passato.
Indubbiamente un sito da non perdere, dove potrete anche incontrare chi sta scrivendo questo articolo, attraverso il sito dedicato alle leggende: www.masche.it, “La maledizione della strega Micilina”, ecc.
Info tel. e fax 017335946 (L’Arvangia).
...Era l’800, ma qualcosa di quel secolo è sopravvissuto sino agli anni ’40 e ‘50 e per questo i ricordi sono simili a quelli della mia infanzia: “forse”sono solo i miei ricordi, i miei rimpianti, ma forse anche quelli di chi sta Leggendo questi “amarcord”...

A pochi chilometri incontriamo Mango.
Mango esisteva già in epoca romana, con il nome di Mangiana Colonia. Citato nella Tavola Alimentare di Traiano, aveva il compito di rifornire di viveri le truppe dell’imperatore, che qui fondarono la colonia che originò il paese.
L’imponente mole del Castello-fortezza, domina questa località delle Langhe albesi. Edificato
nella seconda metà del 1200, conserva tuttora i passaggi segreti utilizzati in passato per sfuggire agli assedi.
La leggenda vuole che durante la Quaresima, del 1900, i missionari, per volere di un tal Geremia, bruciarono in piazza, davanti alla chiesa di Sant’Ambrogio, tutti i “libri del comando” e che per sette anni sulle colline vi fu una tempesta.
Il “Libro del Comando”, contiene formule magiche che le streghe usavano per controllare gli elementi, ma in tempi in cui il popolo firmava... facendo una croce mi pare che leggere libri e prendere appunti...
Ai tempi dell’Inquisizione saper leggere e scrivere, al di fuori della casta sacerdotale o feudale, significava aver stipulato un patto con il Demonio. Nel ‘900, forse, qualcuno più istruito aveva solo preso appunti di cucina o di erboristeria, ...ma poiché amo le leggende preferisco credere al libro delle streghe!


A Mango, ogni anno a giugno, si svolge un particolare concorso riservato ai “Tabui” (voce dialettale per indicare i cani di origine ignota, definiti “bastardini”), che vengono premiati per fedeltà e devozione all’uomo e a cui è anche dedicato un monumento.
I “Tabui” sono eccezionali cani da tartufo, oltre ad essere i migliori compagni dell’uomo per dedizione e sacrificio...


Risaliamo le dolci colline langarole sino a Dogliani, patria del “Dolcetto”, di Luigi Einaudi (il primo Presidente della Repubblica), di Domenico Ghiliani, (inventore del fiammifero), e patria adottiva di Pini Segna, uno dei disegnatori di Zagor, L’Uomo Mascherato, Mandrake, Kriminal e altri famosi fumetti della nostra infanzia.
Seguiamo la strada che sale verso la parte alta della cittadina e passiamo accanto a delle fantastiche opere dello Schellino, fantasioso architetto doglianese vissuto nel 1800: il cimitero monumentale, la cui facciata guarnita da fantasiose guglie e pinnacoli si presenta in tutta la sua originale, seppur macabra, grandezza architettonica e coreografica; le numerose cappelle votive, mentre la vista spazierà sulle colline sino a perdersi nello stupendo scenario delle Alpi innevate.
Ridiscendiamo verso la città sostando per una visita alla parte antica di Dogliani-Castello da dove potremo godere uno stupendo scenario sui tetti e sulle “metafisiche” costruzioni dello Schellino.
In città vale una visita la “Bottega del Dolcetto” situata negli scantinati di un ex convento dei Carmelitani, del
1500, con una coreografica struttura interna a volta bassa.
Rimaniamo a Dogliani per incontrare, in Fr. Piandeltroglio, poco oltre il campo sportivo, Mario Devalle, viticoltore, che prosegue la lunga tradizione famigliare risalente a fine ‘800.
Qui si producono il dolcetto “Bric sur Pian”; “Cavalla”; “La Rotonda” (vitigno barbera); “Briosec”, vino secco,
di uve Brachetto, ottimo per ogni occasione, dall’aperitivo al tutto pasto e il “Bricalet” di mosto parzialmente fermentato prodotto anch’esso da uve Brachetto e, in versione dolce, come “delizioso compagno” di torte e pasticcini...  
Poche centinaia di metri e ritorniamo nel centro cittadino dove troviamo l’Ospedale: un’altra scenografica costruzione dello Schellino, e la maestosa chiesa sulla piazza principale.
Non si può passare per Dogliani senza deliziarci in uno dei fiori all’occhiello della cucina di Langa: il “Ristorante Albero Fiorito” in cui lo chef Claudio Dalmasso, coadiuvato dalla moglie Alba, prepara incredibili prelibatezze: ricette territoriali, semplici, ma eseguite con raffinatezza e buon gusto, veri elogi ai sapori tradizionali serviti con quella classe che ci ricorda di come “anche l’occhio voglia la sua parte”. Ci serviranno una favolosa carne battuta col coltello, trota cruda marinata, sfornatino di cipolla bianca, favolosi tajarin con ragù cotto nel Barolo, agnolotti al burro fuso, brasato di bue al Barolo e quello di cinghiale, bollito misto, panna cotta, bonet, torta di nocciole con sanbajon (zabaione), ma ogni giorno il menù varierà stupendoci e nella stagione invernale potremo gustare l’eccezionale polenta dei Marino, mentre in autunno i piatti saranno insaporiti con il tartufo.
Storico locale degli anni ’50, in una Dogliani ai tempi dell’allora giovane Einaudi, oggi questo ristorante è un punto di sosta per buongustai e di transito per personaggi famosi, come si vede dai “piatti” con dediche e autografi esposti all’entrata.


Ripercorriamo il dorsale delle colline del Barolo. La strada attraversa i vigneti del pregiato vino, incontrando imponenti castelli che ci portano alla mente i fasti di corte.
Qui e là il verde delle colline è punteggiato dal rosso dei tetti dei cascinali e dai tipici “ciabot” delle vigne (piccole costruzioni in muratura, per riporre gli attrezzi ). All’inizio erano fatti con semplici frasche, canne, stocchi (fusto spoglio), di granoturco legati a mò di capanno, poi divennero strutture in legno, infine di muratura. I campi e le vigne erano distanti dalle abitazioni e la necessità di non interrompere il lavoro rendeva questi capanni utili anche per le brevi soste del pranzo, per ripararsi dai temporali improvvisi e per dormire quando era necessario vegliare sui raccolti ed evitare furti di grano, uva, frutta, ortaggi.
Siamo nella zona in cui l’eresia dei Catari ha scritto pagine drammatiche: indelebile storia di “eretici” e streghe condotte al rogo in nome di Cristo e dell’Inquisizione…
Ma sono anche i luoghi delle “masche”e dei loro sortilegi…
Sono le terre delle mille leggende, come quella di Treiso e la “Rocca dei Sette Fratelli”, o quella del Castello della Volta.
Tra sali scendi in mezzo ai vigneti del pregiato vino, giungiamo a Barolo e incontriamo l’imponente mole del Castello Falletti eretto nel X secolo, come baluardo contro le invasioni dei saraceni. Dal 1250 fino alla seconda metà del secolo XIX fu adibito a residenza dei potenti Marchesi Falletti. Si possono ancora vedere le stanze della Marchesa Giulia Colbert Falletti con gli arredi originali dell’epoca, la camera da letto di Silvio Pellico che fu per lungo tempo ospite, la preziosa biblioteca, il Museo Etnografico delle tradizioni contadine e della viticoltura e le antiche cantine adibite ad Enoteca Regionale del Barolo con l’esposizione di bottiglie di vino Barolo provenienti da tutta la zona di produzione; la possibilità di degustazione direttamente in Enoteca e uno spazio promozionale per l’acquisto delle bottiglie.


Sostiamo per visitare questa dimora, poi ripartiamo per un altro maniero che sorge a pochi chilometri, sulla collina di fronte: il “Castello della Volta” le cui mura racchiudono leggende e misteri che la tradizione popolare ha tramandato.
La leggenda vuole che ai primi del 1300 durante una festa offerta dai locali signorotti del Castello, gli ospiti si abbandonarono ad un’orgia: per punizione di tanta scelleratezza … “Dio” fece crollare il soffitto (la volta), di un salone, travolgendo e seppellendo tutti i partecipanti...

E’ in questa zona che le colline producono il vitigno del Nebbiolo che con il tempo si tramuterà in “Barolo”, vino di prestigio, noto in tutto il mondo. Il panorama è stupendo, l’occhio spazia sui vigneti allineati, perfetti, scenografici, poi appena svolti una curva ti trovi improvvisamente davanti all’inconfondibile sagoma del Monviso con le pareti imbiancate di neve e se volgi lo sguardo incontri tutta la catena montuosa che divide il Piemonte dalla Francia e dalla Lombardia.
Pochi chilometri e incontriamo quella che qualcuno ha definito “La Repubblica del Re dei Vini”: la “Cantina Terre del Barolo” di Castiglione Falletto.
Sorta nel 1958 per raggruppare i piccoli proprietari colpiti da una grave crisi della viticoltura,
questa cooperativa è oggi ai primi posti grazie alla qualità del prodotto ma anche alla guida del Presidente Matteo Bosco, geniale mente che ha saputo abbinare il mondo dell’arte, della cultura e dello spettacolo a quello del vino.
Ogni anno la Cantina non produce solo i pregiati vini Barolo; Nebbiolo, Dolcetto e Barbera d’Alba; Dolcetto di Diano, ma anche incontri e manifestazioni, tra cui il “Premio Terre del Barolo” riservato alle donne “in carriera” che nel corso degli anni hanno portato il loro nome in giro per il mondo e “Lunetta d’Argento” riservato alle giovani emergenti che si sono distinte nel mondo della cultura e dello spettacolo durante l’anno.
Le premiazioni hanno visto un susseguirsi d’ospiti d’èlite. Attraverso l’incanto di scarpette e tutù dell’intramontabile bravura della danzatrice classica Carla Fracci, si è passati a Luciana Littizzetto: tutta “ravanello pallido” e peperino; Susanna Agnelli; Paola Saluzzi (di Uno Mattina); la simpatica astrofisica Margherita Hack; Tiziana Ferrario (TG di Rai Uno); la dottoressa Livia Azzariti di Check-up; sino alla famosa e briosa stilista ... ultra novantenne: Micol Fontana.


Non molto distante si potrà visitare uno splendido maniero, un gioiello medioevale, maestoso quanto insolito nella sua struttura: il Castello di Serralunga d’Alba, uno dei più belli e originali, con le alte torri tonde che lo rendono simile a quelli della Loira e della Scozia. Perfettamente conservato merita di essere visitato (info: tel. 0173613358). Interessante il centro storico con caratteristiche medioevali.


Sempre in zona troviamo Grinzane Cavour, dominato dall’imponente castello del XIII secolo, appartenuto a Camillo Benso Conte di Cavour che qui vi dimorò dal 1832 al 1849 e che lo trasformò in un importante centro di produzione dei vini locali. Attualmente ospita il Museo Etnografico e l’Enoteca Regionale.
Nel museo si possono vedere ambientazioni del ‘600 e dell’800, distilleria del’700, contadinerie da cortile, bottega del bottaio.
Dietro il castello troviamo la storica “Cantina del Conte”, di Sergio Pelissero, trasformata in enoteca, grapperia, bottega di prelibatezze in cui è possibile acquistare i tipici prodotti di Langa. Questa antica cascina di proprietà dei Conti di Cavour fu acquistata da Francesco Pelissero, nel 1921, dalla marchesa Adele Alfieri di Sostegno, nipote del famoso Camillo Benso Conte di Cavour.
La struttura comprende una sala dove si può sostare per una degustazione a base di vino, pane e salumi, tome, acciughe, torrone, torte di nocciole e altre prelibatezze locali. Pelissero è anche produttore di vini Dolcetto, Barbera d’Alba, Nebbiolo, Barolo, e di ottime grappe ottenute con la distillazione delle sue uve.
Fermiamoci a pochi metri dalla “Cantina del Conte” per trascorrere un’indimenticabile notte presso la “Locanda del Conte”, una struttura fine ‘800, recentemente ristrutturata in modo “scenografico”, con camere singole, doppie e suites a disposizione per chi vuole provare l’emozione di dormire sopra letti a baldacchino, in stanze arredate con mobili d’epoca e al risveglio, dalla finestra, ammirare uno stupendo panorama che si estende dai vigneti del Barolo, sino alle Alpi.

Treiso narra la leggenda della “Rocca dei Sette Fratelli”, un’ampia voragine a forma d’anfiteatro dalle pareti molto ripide, con grosse sporgenze che si protendono verso il centro del dirupo e quasi prive di vegetazione. All’interno vi sono solo pochi arbusti di ginestra, pino silvestre, ginepro.
Molti secoli fa in quel punto vi era un bellissimo prato presso il quale, il venerdì giorno del Corpus Domini, sette fratelli si erano recati a falciare l’erba.
Durante l’ora del pasto la sorella portò loro il pranzo. Mentre mangiavano passò la processione e chi lavorava nei campi al suo passaggio sostò in preghiera.
La giovane invitò i fratelli a sospendere il pasto per inginocchiarsi e riverire il Santissimo che transitava, ma loro si misero a bestemmiare contro il Signore lanciandogli una sfida: “Sono tutte storie, se esiste il Signore ci faccia sprofondare sotto terra”.
Detto fatto, di colpo la terra si aprì inghiottendoli. Si salvò solo la sorella rimasta miracolosamente sorretta su una lingua di terra.
Lasciamo le dolci colline di Langa ed entriamo nelle terre del Roero per incontrare le Rocche di... Belzebù, tra calici di vino, dolci e leggende...



[ Autore: Alexander Màscàl foto Matteo Saraggi ] Pubblicato: 24/06/2006 Letto: 22701 volte